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PARTE PRIMA

Storia del Sillabo.

Avviene non di rado che alcuni argomenti addotti a sostenere una causa non vera nè giusta, sentiamo da un destro contradittore ritorcersi contro di essa, e servire mirabilmente a scoprirne la fallacia e l'iniquità. Un tale caso vediamo avverarsi, e tal sorte toccare alla pubblicazione della Enciclica e del Sillabo, ultimamente indirizzati dal pontefice ai vescovi ed ai primati della Chiesa cattolica. E per fermo se mai si giungesse a provare che in questo atto del pontefice, sotto intendimento religioso, si vela un fine politico, se vi si scorgesse l'autorità pontificale usata tortamente allo scopo di scompigliare regni, d'insidiare governi, di assodare ed ampliare i suoi temporali possedimenti, sotto il colore di proscrivere dottrine ed opinioni contrarie alla fede; quale cristiano anche più timorato dell'onore della Santa Sede non avrebbe a persuadersi, che nelle presenti condizioni è troppo facile dare nello scandalo di puntellare gl'interessi terreni con mezzi celesti; e perciò inopportuno e pernicioso così alla religione come alla società l'accoppiamento del temporale con lo spirituale potere?

Ora a chi ben vede, o per poco è addentro nei misteri della Curia romana, non può sorgere dubbio che l'Enciclica e l'annesso Sillabo sono stati pubblicati con lo scopo principale di combattere la convenzione conchiusa il quindici settembre fra il governo imperiale di Francia ed il regno d'Italia, nella lusinghiera

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speranza di puntellare il temporale dominio del pontefice, di allargarlo fino agli antichi confini, di osteggiare il nuovo regno, e se non altro, di fare pensoso dei suoi destini l'impero di Francia. Ma perciocchè gli scaltri difensori della Corte romana hanno accampato fin qui tutta la loro arte ad oscurare una tale verità; noi facendo storia di questo atto del pontefice, e discorrendo sopra alcune proposizioni condannate nel Sillabo, intendiamo provare fino alla evidenza, che la Enciclica ed il suo Sillabo furono in apparenza pubblicati per proclamare principii e dottrine cattoliche, ma in pratica realtà al fine di eccitare potenze amiche a sorgere in difesa del regno temporale del pontefice, di sgomentare le potenze avverse dal minacciarlo, e di costringere le peritose a continuarne la protezione.

Quando con la evidenza dei fatti e con la bontà delle ragioni sia posto in saldo questo vero; lasceremo alla coscienza dei cattolici il decidere, se anche in vista di questa stessa pubblicazione, non sia poi giunto il momento opportuno, in cui la tiara del pontefice si scompagni dalla corona del re: in cui cessi ogni cura di terreno principato in chi esercita ministerio celeste: in cui scomparisca da una società incivilita la somma sconvenienza di congiungere in un solo soggetto divine e sociali funzioni, per loro natura e per loro scopo tanto dissenzienti. Perciocchè è d'uopo che si finisca di corrompere nel pensiero del popolo la divina e santa origine della potestà sacerdotale: che si allontani il rischio di alterare la sua soprannaturale sanzione, e di livellare la condizione della suprema autorità ecclesiastica a quella del potere umano, caduco e temporario. In somma è d'uopo, che nella città eterna tornino ad essere regola e norma dello ecclesiastico reggimento le stupendissime parole del santo papa Gelasio, il quale in brevi tratti ci rivela tutta la economia ordinata dalla divina provvidenza, a temperare sulla terra i due poteri, ragionando nel suo trattato contro Anastasio in queste sentenze: Cristo memore della umana fragilità, ordinando con magnifica disposizione quanto poteva giovare alla salvezza dei suoi, assegnò alle due « supreme potestà gli uffici coi loro atti speciali e con distinte. dignità così provvedendo che i suoi fossero salvati per via « di medicinale umiltà, e non perduti di nuovo da umana super

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«bia. E per tal modo i cristiani imperatori abbisognassero dei pon" tefici per la loro eterna salute; ed i pontefici si avvalessero delle leggi imperiali pel buon andamento delle cose temporarie. Così "l'azione spirituale non avrebbe incontrati ostacoli carnali, così «chi militasse per Dio non si sarebbe implicato nei secolari negozii: e chi all'opposto in questi fosse implicato, non si « sarebbe visto presedere alle cose divine. Per tal modo (prov“ ́veduto alla modestia dei due ordini) niuno insignito dei due po« teri si sarebbe levato troppo alto; ma con la qualità delle azioni ❝ si sarebbe acconciato all'ordine, al quale si fosse specialmente ❝ consecrato (1) ». I tempi con istraordinarie vicende ci conducono a vedere rimessa in vigore questa magnifica disposizione di Cristo: essi maturano tali casi da avverare le parole, che l'eminentissimo cardinal Pacca nelle sue memorie ci lasciò scritte in questi termini: «Il sorgere di una nuova e grande monarchia mi « confermava nel pensiero, che dal tristo e doloroso avvenimento ❝. della cessazione della sovranità dei papi poteva il Signore ca« varne altri, e non leggieri vantaggi per la sua Chiesa; pensava « che la perdita del dominio temporale, e della maggior parte dei "beni ecclesiastici avrebbe fatto cessare, o infievolire almeno quella gelosia, e quel mal talento, che si ha ora dappertutto contro la Corte romana, e contro il clero; che i papi sgravati « dal pesante incarico del principato temporale, che pur troppo li obbliga a sacrificare una gran parte del tempo così prezioso « in negozii secolareschi, avrebbero potuto rivolgere tutti i loro pensieri, e tutte le loro cure al governo spirituale della Chiesa;

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(1) Christus memor fragilitatis humanae, quod suorum saluti congrueret dispositione magnifica temperans, sic actionibus propriis dignitatibusque distinctis officia potestatis utriusque discrevit, suos volens medicinali humilitate salvari, non humana superbia rursus intercipi, ut christiani Imperatores pro vita aeterna Pontificibus indigerent, et Pontifices pro temporalium cursu rerum imperialibus dispositionibus uterentur: quatenus spiritualis actio a carnalibus distaret incursibus, et ideo militans Deo minime se saecularibus negotiis implicaret: ac vicissim non ille rebus divinis praesidere videretur, qui esset negotiis saecularibus implicatus, ne extolleretur utroque suffultus, et competens. qualitatibus actionum specialiter professio aptaretur. S. GELAS. Tract. contr. Anast. Imper.

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che mancando alla Chiesa romana il lustro e la pompa dell'ono"rificenza, e l'incentivo dei beni temporali, sarebbero entrati nel « suo clero quelli soltanto, che bonum opus desiderant, e non « avrebbero dovuto in avvenire i papi avere nella scelta dei loro «ministri e consiglieri tanti riguardi allo splendor dei natali, agli impegni dei potenti, alle raccomandazioni e nomine dei sovrani; per cui può dirsi spesso delle promozioni romane: multiplicasti gentem, sed non magnificasti laetitiam; che finalmente « nelle consultazioni per gli affari ecclesiastici, tra i motivi che si presenterebbero per prendere, o per rigettare una risoluzione, « non avrebbe avuto più luogo quella del timore di perdere lo « Stato temporale, motivo, che messo sulle bilance poteva farle « traboccare dalla banda di una soverchia pusillanime condiscen« denza ». Le gravi parole dell'eminentissimo Pacca ci fanno presentire che la Santa Sede sia prossima pel meglio della cristianità a tornare in quelle condizioni, nelle quali secondo papa Gelasio era stata posta dalla sua origine pel magnifico ordinamento di Cristo. Noi pensiamo che la stessa pubblicazione del Sillabo e dell'Enciclica dell'8 dicembre sia tale fatto, da affrettare questo avvenimento; quando sieno messe in chiara luce le ragioni, per le quali noi asserimmo che la Curia romana fu mossa a pubblicar l'uno e l'altra nella cristianità.

Entrava l'anno 1861 luttuoso alla sovranità del papa, e minaccevole ai disegni di quel partito retrivo in Europa, il quale sognando restaurazioni e governi assoluti da medio evo, trovava in Roma favore e protezione. I principati, che avevano divisa l'Italia, corrosi dal dispotismo erano caduti sotto l'odio e lo scherno del popolo l'Austria, speranza e sostegno della Curia romana, giaceva prostrata dalle sconfitte di Magenta e Solferino: le più ricche e popolose provincie della Chiesa eransi sotratte al suo dominio: l'esercito, raccolto con tanta pena e dispendio dal partito clericale e dai satelliti dell'assolutismo a difesa degli Stati pontificii, erasi dileguato quasi nebbia nello scontro di Castelfidardo : l'Italia tutta risorgeva a nuova vita, aspirava ad una patria, ed animosamente raccoglievasi sotto la bandiera taumaturga della nazionale unità. Questi maravigliosi successi avevano oltre ogni credere avvivato gli spiriti dei liberali, smagato i nemici della li

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