Seppi ch’Amor cosa mai volse indarno.
Deh! foss' il mio cuor lento e'l duro seno A chi pianta dal ciel si buon terreno.
RIDONSI donne e giovani amorosi M' accostandosi attorno. E Perchè scrivi, Perchè tu scrivi in lingua ignota e strana Verseggiando d'amor, e come t'osi? Dinne, se la tua speme sia mai vana, E de' pensieri lo miglior t'arrivi ! Così mi van burlando : altri rivi, Altri lidi t'aspettan, ed altre onde, Nelle cui verdi sponde Spuntati ad or ad or alla tua chioma L'immortal guiderdon d' eterne frondi. Perchè alle spallë tue soverchia soma ?
Canzon dirotti, e tu per me rispondi: Dice mia Donna, e'l suo dir, è il mio cuore,Questa è lingua di cui si vanta Amore.
DIODATI, e te'l dirò con maraviglia,
Quel ritroso io, ch'amor spreggiar solea E de' suoi lacci spesso mi ridea,
Già caddi, ov'uom dabben talor s'impiglia. Ne trecce d'oro nè guancia vermiglia
M'abbaglian sì, ma sotto nova idea Pellegrina bellezza che'l cuor bea,
Portamenti alti onesti, e nelle ciglia Quel sereno fulgor d'amabil nero,
Parole adorne di lingue più d'una,
E'l cantar che di mezzo l'emispero Traviar ben può la faticosa Luna,
E dagli occhi suoi avventa sì gran fuoco Che l'incerar gli orecchi mi fia poco.
PER certo i bei vostri occhi, Donna mia,
Esser non può che non sian lo mio sole, Si mi percuoton forte, come ei suole
Per l'arene di Libia chi s'invia, Mentre un caldo vapor (ne sentii pria)
Da quel lato si spinge ove mi duole, Che forse amanti nelle lor parole
Chiaman sospir ; io non so che si sia. Parte rinchiusa e turbida si cela
Scossomi il petto, e poi n'uscendo poco
Quivi d'attorno o s'agghiaccia o s'ingiela ; Ma quanto agli occhi giunge a trovar loco
Tutte le notti a me suol far piovose, Finchè mia alba rivien colma di rose.
GIOVANE piano, e semplicetto amante,
Poichè fuggir me stesso in dubbio sono, Madonna a voi del mio cuor l'umil dono
Farò divoto. Io certo a prove tante L'ebbi fedele, intrepido, costante,
Di pensieri leggiadro, accorto, e buono. Quando rugge il gran mondo, e scocca il tuono,
S'arma di sè, e d'intero diamante : Tanto del forse e d'invidia sicuro,
Di timori, e speranze al popol use,
Quanto d'ingegno e d'alto valor vago, E di cetra sonora, e delle muse.
Sol troverete in tal parte men duro Ove Amor mise l'insanabil ago.
JOHANNIS MILTONI LONDINENSIS
POEMATA.
Quorum pleraque intra annum ætatis vigesimum conscripsit. HÆC quæ sequuntur de Autóre testimonia, tametsi ipse intelligebat non tam de se quam supra se esse dicta, eo quod præclaro ingenio viri, nec non amici ita fere solent laudare, ut omnia suis potius virtutibus, quam veritati, congruentia nimis cupide affingant, noluit tamen horum egregiam in se voluntatem non esse notam ; cum alii præsertim ut id faceret magnopere suaderent. Dum enim nimiæ laudis invidiam totis ab se viribus amolitur, sibique quod plus æquo est non attributum esse mavult, judicium interim hominum cordatorum atque illustrium quin summo sibi honori ducat, negare ; non potest. Joannes Baptista Mansus, Marchio Villensis, Neapolitanus, ad Joannem Miltonium
Anglum. Ut mens, forma, decor, facies, mos, si pietas sic,
Non Anglus, verùm herclè Angelus ipse, fores. Ad Joannem Miltonem Anglum, triplici poeseos laureâ coronandum, Græcâ nimirum
Latina, atque Hetrusca, Epigramma Joannis Salsilli Romani. CEDE, Meles ; cedat depressâ Mincius urna ;
Sebetus Tassum desinat usque loqui; At Thamesis victor cunctis ferat altior undas;
Nam per te, Milto, par tribus unus erit.
GRÆCIA Mæonidem, jactet sibi Roma Maronem; Anglia Miltonum jactat utrique parem.
SELVAGGI.
A1 Signor Gio. Miltoni, Nobile Inglese.
ERGIMI all' Etra ò Clio, Perchè di stelle intrecciero corona! Non più del Biondo Dio La Fronde eterna in Pindo, e in Elicona : Diensi a merto maggior, maggiori i fregi, A' celeste virtù celesti pregi.
Non può del tempo edace Rimaner preda, eterno alto valore; Non può l'obblio rapace Furar dalle memorie eccelso onore. Su 'l arco di mia cetra un dardo forte Virtù m' adatti, e ferirò la morte.
Del Ocean profondo Cinta dagli ampi gorghi Anglia resiede Separata dal mondo, Però che il suo valor l'umano eccede : Questa feconda sà produrre Eroi, Ch' hanno a ragion del sovruman tra noi.
Alla virtù sbandita Danno nei petti lor fido ricetto, Quella gli è sol gradita, Perchè in lei san trovar gioia, e diletto; Ridillo tu, Giovanni, e mostra in tanto Con tua vera virtù, vero il mio Canto.
Lungi dal Patrio lido Spinse Zeusi l'industre ardente brama; Ch' udio d' Helena il grido Con aurea tromba rimbombar la fama, E per poterla effigiare al paro Dalle più belle Idee trasse il più raro.
Cosi l'ape ingegnosa Trae con industria il suo liquor pregiato Dal giglio e dalla rosa, E quanti vaghi fiori ornano il prato; Formano un dolce suon diverse chorde, Fan varie voci melodia concorde.
Di bella gloria amante Milton dal Ciel natio, per varie parti Le peregrine piante Volgesti a ricercar scienze, ed arti; Dell Gallo regnator vedesti i Regni E dell'Italia ancor gl' Eroi più degni.
Fabro quasi divino, Sol virtù rintracciando il tuo pensiero Vide in ogni confino Chi di nobil valor calca il sentiero ; L'ottimo dal miglior dopo scegliea Per fabbricar d'ogni virtù l'idea. Quanti nacquero in Flora, O in lei del parlar Tosco appreser l'arte La cui memoria onora Il mondo fatta eterna in dotte carte, Volesti ricercar per tuo tesoro, E parlasti con lor nell'opre loro.
Nell' altera Babelle Per te il parlar confuse Giove in vano, Che per varie favelle Di se stessa trofeo cadde sul piano : Ch' Ode, oltr' all' Anglia il suo più degno idioma Spagna, Francia, Toscana, e Grecia, e Roma. бо
I più profondi arcani Ch' occulta la natura e in cielo e in terra, Ch'a Ingegni sovrumani
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