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LXIV. Tum cuiusque sanctis- i simi iuramenti violatio, tum quaelibet scelesta flagitiosaque actio sempiternae legi repugnans, non solum haud est improbanda, verum etiam omnino licita, summisque laudibus efferenda, quando id pro patriae amore agatur.

§ VIII.

Errores de matrimonio christiano.

LXV. Nulla ratione ferri potest, Christum evexisse matrimonium ad dignitatem sacramenti.

LXVI. Matrimonii sacramentum non est nisi quid contractui accessorium ab eoque separabile, ipsumque sacramentum in una tantum nuptiali benedictione situm est.

LXVII. Iure naturae matrimonii vinculum non est indissolubile, et in variis casibus divortium proprie dictum auctoritate civili sanciri potest.

LXVIII. Ecclesia non habet potestatem impedimenta matrimonium dirimentia inducendi, sed ea potestas civili auctoritati competit, a qua impedimenta existentia tollenda sunt.

LXIX. Ecclesia sequioribus saeculis dirimentia impedimenta inducere coepit, non iure proprio, sed illo iure usa, quod a civili potestate mutuata erat.

LXX. Tridentini Canones, qui anathematis censuram illis inferunt qui facultatem impedimenta dirimentia inducendi Ecclesiae negare audeant, vel non sunt dogmatici vel de hac mutuata potestate intelligendi sunt.

LXIV. E la violazione di qualunque santissimo giuramento, e qualsivoglia azione scellerata e malvagia ripugnante alla legge eterna, non solo non è da riprovare, ma eziandio da tenersi del tutto lecita e da lodarsi sommamente, quando si commetta per amore della patria.

§ VIII.

Errori circa il matrimonio cristiano.

LXV. Non si può in niun modo tollerare che Cristo abbia elevato il matrimonio alla dignità di sacramento.

LXVI. Il sacramento del matrimonio non è che una cosa accessoria al contratto e da questo separabile, e lo stesso sacramento è riposto nella sola benedizione nuziale.

LXVII. Il vincolo del matrimonio non è indissolubile per diritto di natura, ed in varii casi può sancirsi per la civile autorità il divorzio propriamente detto.

LXVIII. La Chiesa non ha la podestà d'introdurre gl'impedimenti dirimenti il matrimonio, ma tale potestà compete all'autorità civile, dalla quale debbono togliersi gli impedimenti esistenti.

LXIX. La Chiesa incominciò ad introdurre gl'impedimenti dirimenti nei secoli posteriori, non per diritto proprio, ma usando di quello che ricevette dalla civile potestà.

LXX. I Canoni tridentini, než quali si infligge scomunica a coloro che osano negare alla Chiesa la facoltà di stabilire gl'impedimenti dirimenti, o non sono dommatici, ovvero si debbono intendere dell'anzidetta potestà ricevuta.

LXXI. Tridentina forma sub infirmitatis poena non obligat, ubi lex civilis aliam formam praestituat, et velit hac nova forma interveniente matrimonium valere.

LXXII. Bonifacius VIII, votum castitatis in Ordinatione emissum nuptias nullas reddere, primus asseruit.

LXXIII. Vi contractus mere civilis potest inter christianos constare veri nominis matrimonium; falsumque est, aut contractum matrimonii inter christianos semper esse sacramentum,aut nullum esse contractum, si sacramentum excludatur.

LXXIV. Caussae matrimoniales et sponsalia suapte natura ad forum civilem pertinent.

N.B. Huc facere possunt duo alii errores de clericorum coelibatu abolendo et de statu matrimonii statui virginitatis anteferendo. Confodiuntur, prior in epist. Encycl. Qui pluribus, 9 novembris 1846, posterior in Litteris apost. Multiplices inter, 10 iunii 1851.

2 IX.

Errores de civili Romani Pontificis Principatu.

LXXV. De temporalis regni cum spirituali compatibilitate disputant inter se christianae et catholicae Ecclesiae filii.

LXXVI. Abrogatio civilis imperii, quo Apostolica Sedes potitur, ad Ecclesiae libertatem felicitatemque vel maxime conduceret.

LXXI. La forma del Concilio tridentino non obbliga sotto pena di nullità in quei luoghi ove la legge civile prescriva un'altra forma, ordinando che il matrimonio celebrato con questa nuova forma sia valido.

LXXII. Bonifacio VIII pel primo asserì che il voto di castità emesso nell'ordinazione fa nullo il matrimonio.

LXXIII. In virtù del contratto meramente civile, può aver luogo tra i cristiani il vero matrimonio; ed è falso che o il contratto di matrimonio tra i cristiani è sempre sacramento, ovvero che il contratto è nullo se si esclude il sacramento.

LXXIV. Le cause matrimoniali e gli sponsali di loro natura apppartengono al foro civile.

NB. Si possono qui ridurre due altri errori, dell'abolizione del celibato dei chierici e della preferenza dello stato di matrimonio allo stato di verginità. Sono condannati, il primo nell'Encicl. Qui pluribus, 9 novemb. 1846; il secondo nelle Lett. apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.

§ IX.

Errori intorno al civile principato del Romano Pontefice.

LXXV. Intorno alla compatibilità del regno temporale col regno spirituale disputano tra loro i figliuoli della cristiana e cattolica Chiesa.

LXXVI. L'abolizione del civile impero, che la Sede apostolica possiede, gioverebbe moltissimo alla libertà ed alla prosperità della Chiesa.

N.B. Praeter hos errores explicite notatos, alii complures implicite reprobantur proposita et asserta doctrina, quam catholici omnes firmissime retinere debeant, de civili Romani Pontificis principatu. Eiusmodi doctrina luculenter traditur in Alloc. Quibus quantique, 20 aprilis 1849; in Alloc. Si semper antea, 20 maii 1850; in Litt. Apost. Cum catholica Ecclesia, 26 martii 1860; in Alloc. Novos, 28 septembris 1860; in Alloc. Iamdudum, 18 marti 1861; in Alloc. Maxima quidem, 9 iunii 1862.

§ X.

Errores qui ad liberalismum hodiernum referentur.

LXXVII. Aetate hac nostra non amplius expedit, religionem catholicam haberi tamquam unicam Status religionem, caeteris quibuscumque cultibus exclusis.

LXXVIII. Hinc laudabiliter in quibusdam catholici nominis regionibus lege cautum est ut hominibus illuc immigrantibus liceat publicum proprii cuiusque cultus exercitium habere.

LXXIX. Enimvero falsum est, civilem cuiusque cultus libertatem, itemque plenam potestatem omnibus attributam quaslibet opiniones cogitationesque palam publiceque manifestandi, conducere ad populorum mores animosque facilius corrumpendos ac indifferentismi pestem propagandam.

LXXX. Romanus Pontifex potest ac debet cum progressu, cum liberalismo et cum recenti civilitate sese reconciliare et componere.

NB. Oltre di questi errori censurati esplicitamente, molti altri implicitamente vengono riprovati in virtù della dottrina già proposta e decisa intorno al principato civile del Romano Pontefice; la quale dottrina tutti i cattolici sono obbligati di tenere fermissimamente. Essa apertamente s'insegna nell'Alloc. Quibus quantisque, 20 aprile 1849; nell' Alloc. Si semper antea, 20 maggio 1850; nelle Lett. apost. Cum catholica Ecclesia 26 marzo 1860; nell' Alloc. Novos, 28 settembre 1860; nella Alloc. Jamdudum 18 marzo 1861; e nell'Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.

§ X.

Errori che si riferiscono all'odierno liberalismo.

LXXVII. In questa nostra età non conviene più che la religione si ritenga come l'unica religione cattolica dello Stato, escluse tutte le altre quali che si vogliano.

LXXVIII. E però lodevolmente in alcuni paesi cattolici si è stabilito per legge che a quelli, i quali vi si recano, sia lecito di aver pubblico esercizio del culto proprio di ciascuno.

LXXIX. Per fermo è falso che la libertà civile di qualsivoglia culto, e similmente l'ampia facoltà a tutti conceduta di manifestare qualunque opinione e qualsiasi pensiero alla scoperta ed in pubblico, conduca a corrompere più facilmente i costumi e gli animi dei popoli, ed a diffondere la peste dell'indifferentismo.

LXXX. Il Romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a composizione col progresso, col liberalismo e colla moderna civiltà.

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Pag. 11 linea 30 e 31 fattesi più vive le pratiche tra il barone Ricasoli ed il governo

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KELI

༥།

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