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mondo il pane? Se il progresso in fatto di scienze devia alcuna volta dal retto, se per avventura osteggia i dommi rivelati, vi manca forse la giusta regola di fede in tante dommatiche definizioni della Chiesa per illuminare? non avete aperti fonti inesauribili di sapere nei SS. Padri, nelle Opere degli apologisti cristiani per metterne in luce i traviamenti, gli errori, per rimetterlo sulla retta via? Si chiede ai liberali la definizione delle loro formole, e finchè non le abbiate, dite di avere il dritto ed il dovere di diffidarne : ma intanto voi non l'attendete, e in modi indefiniti, vaghi, e però giustamente sospetti, fulminate proscrizioni e condanne. Come poi pretendere, che vi si aggiusti fede? Si chiede ai liberali la definizione delle loro formole, e intanto si promulga una filza di formole politiche condannate in senso così dubbio, in avviluppo così oscuro di parole e di pensieri, che voi stesso, Monsignore, giusta la sentenza del pontefice, non siete stato in caso di porgerne una accurata interpretazione. E poi vorrete che tutti i cattolici pieghino in ossequio ragionevole il loro intelletto alle parole del Sillabo, e sieno quiete le loro coscienze? La religione è cosa sacra, gelosa, delicatissima: si tolgano dunque via i sospetti di mire politiche, di temporali interessi, di voglie terrene: sopra tutto sia posta da un lato l'influenza di quella setta pestifera, che in Roma domina e umilia il pontificato. Le autorità ecclesiastiche proclamino colla antica solennità ed indipendenza e col Vangelo alla mano il vero progresso, la vera libertà e civiltà: ne stabiliscano le basi e le regole secondo quel codice divino. Non abbiamo dubbio che la proclamata dottrina sarà accolta dal giubilo e dal consenso universale e tornerà nell'ombra del suo vecchio sepolcro il Sillabo gesuitico, che ha gettato sterili scrupoli negli animi fiacchi e feminili, dolore nel cuore de' cattolici illuminati, e inspirato disprezzo nell'universale per le istituzioni della Chiesa.

Dopo che Monsignore ha parlato, così a proposito come abbiam veduto, della libertà, del progresso e della civiltà, viene a disputare della libertà de' culti, la quale nella proposizione 77a del Sillabo è condannata in questi termini: «In questa nostra età non con« viene più che la religione cattolica si ritenga come l'unica religione dello Stato, esclusi tutti gli altri culti, quali che si vogliano ». Il Prelalo qui evidentemente si trova impacciato, e

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non potendolo dissimulare a se stesso, usa ogni industria per celarlo almeno ai suoi lettori. Da un lato egli non può toglier fede ai validi argomenti, onde ingegni potentissimi hanno difesa la libertà de' culti e di coscienza: e il magnifico discorso del conte di Montalembert tenuto nell'assemblea dei cattolici di Malines sta ancora senza risposta dall'altro non può ignorare che questa libertà assolutamente si vuole proscrivere dalla gesuitica intolleranza. Sicchè egli per divertire il pensiero de' suoi lettori protesta che la Chiesa ed il Papa nella 77a proposizione intendono condannare la indifferenza in materia di religione. Ma qui Monsignore a cavarsi d'impaccio, ci cambia le carte in mano, e vuole intravedere nella 77a proposizione un senso, che non può per nessuna ragione acconciarvisi. Perciocchè come vorrà persuadere, che l'indifferenza in materia di religione già condannata nella 15a e 16a proposizione, sia nella 77a oziosamente ripetuta? Qui la sua interpretazione è evidentemente meno accurata, nè raggiunge la mente de' compilatori del Sillabo, i quali ad altro fine miravano, e più alto intendevano ferire, che non accenni la vuota declamazione, che fuori proposito ci recita l'infervorato loro difensore.

Che la Chiesa uscita sanguinosa dalle persecuzioni mosse contro lei dalla intolleranza e dalla potenza pagana nelle sue prime età, abborrisse dal perseguitare altre sêtte ed altre religioni; ne fanno fede tutti gli antichi monumenti della storia ecclesiastica, e lo attestano le stupende parole de'ss. Padri nei primi quattro secoli, che il prelato trascrisse nel suo opuscolo. Ma questa regola fu sempre tenuta nella Chiesa, fu sempre costante questa sua disciplina? La religione cattolica proclamata dominante, non solamente ha perseguitato di fatto, ma ha officialmente insegnata e prescritta in alcuni casi la persecuzione. A scegliere pochi fra gli innumerevoli documenti che provano questo vero, leggasi il decreto del IV Concilio Lateranense tenuto a Roma nel 1215 sotto la presidenza di Innocenzo III. «Si ammoniscano, si persuadano, e quando occorra, con le censure ecclesiastiche si costringano le autorità secolari di qualunque grado, che se vogliono essere credute e tenute fedeli, devono dare pubblico giuramento per la difesa della fede, che si adopreranno a sterminare in buona fede e per quanto possono, tutti gli eretici segnati dalla Chiesa

cacciandoli fuori delle terre soggette alla loro giurisdizione.... Che se un principe temporale richiesto ed avvisato dalla Chiesa trasandi purgare i suoi dominii dalla ereticale sozzura, sia scomunicato dal Metropolitano, e dai Vescovi comprovinciali: e se dentro l'anno non curi di obbedire, se ne dia avviso al Sommo Pontefice, il quale scioglierà i sudditi dall'obbligo di fedeltà, e quei dominii darà ad altri cattolici, che sterminando gli eretici li occuperanno senza opposizione (1)". E nei Capitoli di Gregorio IX. «Scomunichiamo ed anatematizziamo tutti gli eretici....... I condannati dalla Chiesa sieno consegnati al " braccio secolare, affinchè abbiano debita punizione: se alcuno " di costoro dopo imprigionato voglia tornare a degna peni«tenza, venga chiuso in carcere perpetuo (2) ». Infine leggasi la terribile sentenza di Urbano II nella sua dichiarazione a Godofredo vescovo Lucano: Non crediamo dovere annoverare - fra gli omicidi coloro, i quali mossi da zelo per la Chiesa loro madre, abbiano trucidato qualcuno percosso da scomunica (3) ».

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(1) Moneantur autem et inducantur, et si necesse fuerit, per censuram ecclesiasticam compellantur saeculares potestates quibuscumque fungantur officiis, ut sicut reputari cupiunt et haberi fideles, ita pro defensione fidei praestent publice juramentum, quod de terris suae jurisdictioni subjectis universos haereticos ab Ecclesia denotatos bona fide pro viribus exterminare studebunt. Si vero Dominus temporalis requisitus et monitus ab Ecclesia, terram suam purgare neglexerit ab hac haeretica foeditate, per Metropolitanum et caeteros comprovinciales Episcopos excommunicationis vinculo innodetur. Et si satisfacere contempserit intra annum, significetur hoc summo Pontifici, ut ex tunc ipse vassallos ab ejus fidelitate denunciet absolutos, et terram exponat catholicis occupandam, qui eam exterminatis haereticis sine ulla contradictione possideant. Questo decreto leggesi nel Concilio Lateranense IV, nella Collezione de' Concilii fatta dall'arcivescovo Mansi, e pubblicata in Venezia l'an. 1778, tom. xxII, pag. 987: si trova anche nel Corpus Juris Canonici Decretalis Gregorii Noni, lib. v, tit. vii, c. 13.

(2) Excommunicamus, et anathematizamus universos haereticos. Damnati per Ecclesiam saeculari judicio relinquantur, animadversione debita puniendi. Si qui autem de praedictis, postquam fuerint deprehensi, redire voluerint ad agendam condignam poenitentiam, in perpetuo carcere detrudantur. Collezione de' Concilii del Mansi, volume xxi, pag. 73.

(3) Non eos homicidas arbitramur, quos zelo catholicae Ecclesiae Matris ardentes, aliquos eorum excommunicatorum trucidasse contigerit.

Sillabo

Nè la dottrina che si professava nelle scuole cattoliche era punto dissenziente dagli orribili decreti. San Tommaso nella questione, se si hanno a tollerare gli eretici, insegna: «Dopo questo, se l'eretico duri pertinace, la Chiesa disperando della sua conversione provvede alla salute degli altri, separandolo con « sentenza di scomunica dalla cattolica communione, e abban« donandolo al giudizio secolare, il quale lo stermini dal mondo con la morte (1)». E il P. Mariana, gesuita spagnuolo, dopo aver riferito il parere di alcuni inquisitori i quali rifuggivano dal condannare a morte gli eretici, soggiunge: «Altri poi di migliore senno e parere giudicavano che non erano degni di respirare « e di vivere, coloro i quali avevano osato lordare la religione, o mutarne le santissime cerimonie (2)". Potremmo a queste aggiungere un cumulo di altre autorità, le quali passeremo sotto silenzio per amore di brevità: e dove i nostri lettori volessero saperne oltre, li manderemo ad abbrividirsi nella storia degli Albigesi in Francia, dei Manichei in Italia, della sacra Inquisizione in Ispagna, e via di seguito: vedranno come le feroci dottrine sieno state superate dai ferocissimi fatti. Ora si rileggano le umane e veramente cattoliche sentenze di S. Atanasio, di S. Ilario, di S. Agostino e di Fénélon, citate da Monsignore; e ci si dica poi che maniera di commento sia stato fatto loro dagli efferati decreti canonici, dagli scrittori del medio-evo, e dalle barbare persecuzioni religiose che di guerra e di stragi hanno funestata per tanto tempo l'Europa.

Ma il pontefice, replica Monsignore, condanna coloro che snaturando i principii vagheggiano come ideale di perfezione

Corpus Juris Canonici: Papae Urbani II, declaratio ad Godofredum EpiScopum Lucanum.

(1) Postmodum vero si adhuc pertinax inveniatur haereticus, Ecclesia de jeus conversione non sperans, aliorum saluti providet, eum ab Ecclesia separando per excommunicationis sententiam, et ulterius relinquit eum judicio saeculari a mundo exterminandum per mortem, S. Thom, 2, 2a°, quaest. 2, art. 3 e 4.

(2) Alii, quorum melior sententia fuit, non putabant eos oportere frui vita, et communi spiritu, qui foedare religionem, et sanctissimas caerimonias mutare ausi essent. Histor. de rebus Hispaniae lib. xxiv, c. 17.

l'illimitata libertà de' culti, e pretendono imporre a tutti è perfino al papa l'anarchia delle intelligenze, e la multiplicazione delle sêtte, come lo stato migliore religioso e sociale. Il papa non crede che questo ideale sia il più perfetto: il suo ideale non è l'anarchia delle intelligenze, e la divisione, ma bensì l'unità delle intelligenze per mezzo della verità, e l'unità dei cuori per mezzo della carità: ecco l'idea del papa espressa in quelle ammirande parole di Cristo: un solo gregge, un solo pastore.

Prima di procedere oltre vediamo in brevi parole sopra quali principii si fonda la libertà religiosa, affinchè sfuggiamo il rischio di snaturarli o esagerarli. Ogni libertà conseguente alla nostra natura ragionevole è utile, legittima, santa, purchè ristretta fra limiti razionali, purchè non tralignante in licenza. Imperciocchè non può darsi, non solo nel consorzio esteriore degli uomini, ma in nessuna creatura una libertà illimitata ed assoluta, la quale non può competere che all'infinito e all'illimitato Creatore. Negli esseri finiti ogni arbitrio deve avere un confine, e quindi deve essere circoscritto da una legge. Ora, se questo è vero di ogni libertà creata, deve anche più ragionevolmente intendersi di quelle che si attengono alla civile comunanza, ed in ispecie della libertà religiosa, la quale vuole essere ordinata in modo, che la quiete e la moralità pubblica non se ne pregiudichi: onde ella si deve circoscrivere con tutti i temperamenti, che lo Stato crede necessarii a mettere in salvo la tranquillità ed il buon costume de'cittadini. Eccetto questi limiti, che pone la suprema autorità civile, nessun altro inceppamento può avere la libertà de' culti. Nè la Chiesa dica: io ho dritto d'imporlo, perchè possiedo il vero culto religioso. Dica più presto: perchè io credo di possedere la vera religione. Così la massima predicata dai cattolici in Francia contro gli Ugonotti, che cioè bisognava una religione sola e vera nel regno, si riduce a questa: non bisogna altra religione nel regno, che quella la quale si crede essere la buona e la vera. Ora per questa massima la Olanda e l'Inghilterra sono in dritto di sterminare i non conformisti, il Russo i cattolici polacchi, il Turco di fare man bassa sopra i cristiani dei suoi stati, i Chinesi, gl'Indiani, i Giapponesi di soffocare il cristianesimo sul nascere, e gli antichi Romani degnamente la Chiesa cattolica perseguitarono:

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