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tribuni e tredicimila soldati, e molti dei sopravvissuti rimasero prigioni. Roma mandò a trattare del riscatto : má i Senoni contro il diritto delle genti uccisero gli ambasciatori, ed eccitarono i Romani a fare tremenda vendetta del barbaro oltraggio. Il console Dolabella traversando la Sabina e il Piceno corse nel paese dei Senoni, e lo messe tutto a distruzione e a sangue: gli uomini furono uccisi; le donne e i fanciulli venduti, i villaggi arsi, la contrada empita di solitudine, e la conquista assicurata con la colonia di Sena presso il mare Adriatico (1).

An. di

Av. G. C.

23.

I vicini Boi commossi dalla rovina del popolo che cento anni prima aveva conquistata Roma, si messero in armi per farne vendetta, e corsi in Etruria, e unitisi agli Etruschi e ai Senoni che avevano vinto ad Arezzo, mossero con formidabile oste alla volta di Roma. Ma non ebbero tempo di giungervi, perocchè venne loro incontro il console Gneo Domizio Calvino (2) e li battè Roma 471. fieramente sulle rive del lago Vadimone, stato già anche altra volta propizio alle armi di Roma. Il furore barbarico non potè resistere all' ordinata virtù. Vi fu orrendo sterminio: perirono la più parte degli Etruschi e dei Boi, e i Senoni non caduti per le spade nemiche si uccisero fra sè. Pure ad onta di tanta uccisione rimase numero bastante di Boi da tentare un'altra volta l'impresa. Non perdutisi d'animo, raccolsero nel loro paese tutti quelli che erano capaci a combattere, e tornarono animosamente in Etruria. Presso a Popu

(1) Polibio II, 4; Livio Epit. XI; Appiano De Reb. Gallicis, Fragm. XI; e De Reb. Samnit. VI.

(2) Appiano loc. cit. Secondo Floro (I, 13) vincitore del lago Vadimone fu il console Dolabella. Probabilmente ambedue i consoli si trovarono alla battaglia.

Storia antica d'Italia. Vol. II.

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lonia in un aguato avrebbero distrutto i Romani se non era la vigilanza del console Emilio Papo che sfuggite le insidie (1), dopo una grande battaglia ebbe piena vittoria. I barbari furono costretti a domandare la pace (2), ed erano siffattamente domati che più non osarono di rinnovare la guerra.

Alla sottomissione dei Senoni e dei Boi tenne dietro quella degli Etruschi. Invano le città di Volsinio e di Vulci resistevano ancora. Coruncanio ne menò vittoria e trionfo: e più tardi la rivolta dei servi contro i nobili a Volsinio dêtte occasione ai Romani a distruggere la opulenta città dalla quale portarono via duemila statue (3). Anche gli Umbri furono sottomessi col trionfo dei Sarsinati (4) e d'ora in poi tutte le contrade dell' Italia centrale furono pienamente sotto la romana signoria. La libertà è finita per esse. La grande nazione etrusca che già signoreggiò tanta parte d'Italia, per quasi duecento anni non osa più fare alcun moto. Colonie messe in varii tempi a Cossa città dei Vulcenti, ad Alsio, a Fregene, a Castro-Nuovo, a Pirgo e a Spoleto (5) tennero in freno l'Etruria e l'Umbria, mentre quelle di Adria, di Castro, di Sena-Gallica, e le altre di Fermo e di Arimino (6) venute appresso impedivano le rivolte dei Piceni e dei Galli.

VIII,

(1) Frontino Stratag. 1, 2, 7.

(2) Polibio loc. cit.

7.

(3) Livio Epit. XII e XV; Floro I, 21; Fasti Capitolini; Zonara

(4) Livio loc. cit.

(5) Livio Epit. XIV, XIX, XX e XXXVI, 3: Velleio I, 15.

(6) Livio XXVII, 10; Velleio loc. cit.

CAPITOLO III.

I Greci d'Italia e di Sicilia. Colonie di stirpe diversa. I legislatori delle repubbliche: Zaleuco, Caronda, Pittagora e i Pittagorici. Rivoluzioni e guerre in Sicilia. I tiranni e la democrazia. Ducezio e i Siculi. Dionisio il vecchio combatte i Cartaginesi e l'Italia. Dionisio il giovane e Dione. Timoleone ristabilisce in Sicilia la libertà democratica. Tirannide atroce di Agatocle. Le repubbliche della magna Grecia cadenti agli urti dei tiranni siculi e dei potenti vicini. Taranto cerca aiuti di fuori, si collega coi popoli italici, e contro la crescente potenza di Roma chiama Pirro dall' Epiro. Egli batte i Romani a Eraclea e ad Ascoli, e poscia è battuto da essi a Benevento. L'Italia meridionale cade tutta in potere di Roma.

Mentre recava in poter suo i popoli dell'Italia centrale, e spingeva assai avanti i suoi confini dalla parte di tramontana, Roma rivolse gli sguardi anche ai Greci e agli altri popoli che abitavano le parti inferiori della penisola, ed ivi pure seguendo le sue solite arti presto conseguì l'intento a cui mirava da lungo tempo. Ma prima di narrare le guerre che le dettero l'Italia inferiore, da cui era facile il passo alle rive sicule, è mestieri rifarci un poco indietro e accennare le generali vicende di queste contrade.

Altrove vedemmo (1) come molti luoghi delle italiche spiaggie furono di buon' ora occupati da colonie di avventurieri greci i quali spinti da rivoluzioni interne

(1) Volume I, pag. 190 e segg.

lasciavano la terra natale e cercavano fortuna in paesi lontani. Vedemmo che tra le città fondate da essi in Italia più famose furono Cuma, Palepoli, Reggio, Locri, Crotone, Taranto, Metaponto, Sibari e Turio: alcune delle quali diventarono sì possenti da poter mandar fuori dal loro seno altre colonie fondatrici di nuove città. I Locresi fondarono Ipponio e Medma sulle rive del mar Tirreno, e giunsero per tal modo a signoreggiare tutto il territorio compreso fra i due mari sino alle frontiere di Reggio (1). Crotone s'impadronì del territorio scilletico, e pose sul lido opposto Terina, e dall'altra parte Pandosia (2). Sibari co' suoi dêtte principio a Lao, a Scidro e a Posidonia (Pesto), come Taranto fondava Eraclea nella Siritide (3). I principali stabilimenti dei Greci in Italia furono nei primi tempi di Roma e alla medesima epoca anche le coste orientali della Sicilia si empirono di colonie della medesima gente, la quale tirata ivi dalla naturale ricchezza del suolo fondò Nasso presso all' odierna Taormina, e Siracusa d'onde poi si diramarono in altre colonie che dettero principio a Catania, a Leontini, a Zancle detta più tardi Messina, a Mile, ad Imera, a Tapso, a Megara, a Gela, ad Acre, ad Enna, a Casmene, a Eloro, a Noto, a Selinunte, a Camarina e ad Agrigento (4).

(1) Strabone Ve VI; Scimno di Chio vers. 306 e 307.

(2) Scimno 304, 325; Plinio III, 5.

(3) Erodoto VI, 21; Strabone V; Scimno 245.

(4) Tucidide VI, 4, 5, 97; Erodoto VII, 153; Scimno 285, 291, 293; Strabone VI. Su questi stabilimenti sono da vedere: Raoul-Rochette, Histoire des colonies grecques vol. 3; Heyne, Opuscula Academica vol 2. Gottingae 1787; Brunet De Presle, Recherches sur les etablissements des Grecs en Sicile, Paris 1845, il quale più pienamente di ogni altro ha trattato questo argomento. Su questo dotto lavoro è da vedere un lungo e bello articolo di Michele Amari nell'Archivio Storico Italiano, Appendice vol. 2, pag. 337.

I fondatori di queste colonie di Sicilia e d'Italia erano di stirpi diverse. Dorici quelli di Taranto, di Locri, di Siracusa, di Acre, di Casmene, di Camarina, di Megara, di Tapso, di Gela, di Agrigento: Achei quelli di Sibari e Turio, di Metaponto, di Crotone, di Lao, di Scidro, di Terina, di Pesto, di Caulonia e Pandosia: di stirpe calcidica, e quindi di origine ionica erano Cuma e Palepoli, Reggio, Elea, Scilacio, Siri, Zancle, Nasso, Catania, Leontini, Imera, Mile, Callipoli, Eubea. La stirpe achea fu potente in Italia: le altre due in Sicilia ove i Dori tennero in Siracusa e in Agrigento le città più splendide e più potenti dell'isola (1).

La diversità delle stirpi recando dalla madre patria istituzioni e voglie diverse portò anche i germi delle rivalità che furono causa a guerre frequenti, e occasione a nuove invasioni. In generale le famiglie dei primi coloni formarono privilegiate tribù che possedevano le terre migliori, ed esercitavano gli ufficii religiosi e le magistrature più alte. Vi furono governi di varie maniere. Gl' istituti delle città achee pendevano al democratico. Le città che ebbero essere dai Dorici si reggevano a governo aristocratico fortemente ordinato, e in mano dei privilegiati stava l'autorità e il diritto. Presso agli Joni governavano i censiti aristocratici, ma la loro potenza era temperata dall' elemento

La cronologia della fondazione delle città greche d'Italia e di Sicilia secondo Heyne e Brunet è la seguente: Cuma fondata nel 1031 av. G. Cristo; Reggio 812; Nasso 736; Siracusa 735; Catania, Leontini " Zancle 728; Megara 727; Sibari 720; Crotone 710; Taranto 707; Gela 690; Locri 683; Acre e Enna 663; Selinunte 651; Imera 649; Casmene 643; Camarina 598; Agrigento 580; Elea (Velia ) 536; Posidonia 510; Turio 446; Eraclea 433.

(1) Heyne loc. cit.

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