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damente a tramontana lungo la riva sinistra del fiume era di già troppo lungi: e quindi disperando di poterlo raggiungere pei luogi mal noti, Scipione volse in suo animo un altro disegno, e, tornato indietro alle foci del Rodano, mandò le legioni in Ispagna sotto il comando di Gneo suo fratello, ed egli prese la via d'Italia per mettersi alla testa delle forze romane che stanziavano sulle rive del Po, e incontrare il nemico. ai piedi delle Alpi se per avventura riuscisse a superare i pericoli delle alte montagne (1).

Annibale intanto ricevuta dalla Cisalpina un' ambasceria di Galli che gli promettevano aiuti grandi contro Roma e gli si offrivano guidatori nel difficil viaggio, fece cuore ai soldati, e cominciò la gran marcia verso le Alpi.

Una grande invasione barbarica sovrastava ora all'Italia, e se il fiero invasore avesse potuto averne la vittoria finale, e dare sfogo a tutto il furore che gli bolliva nell'animo, l'antica civiltà nostra sarebbe andata perduta, sarebbesi arrestato il progresso del mondo, e l'Affrica avrebbe rimbarbarito l'Europa. Per lunga stagione rimase ricordo del terrore provato all' appressare di tanto pericolo, l'eco del quale si diffuse fino alle generazioni lontane. L'antichità parlò lungamente con istupore e paura del grande ardimento di Annibale, narrò strane cose di lui, e con molto studio ricercò le vie per le quali piombò sull'Italia dalle Alpi. Ma su ciò gli scrittori non si trovarono concordi, facendolo discendere per le Alpi Graie, per le Cozie e per le Pennine (2). E dietro agli antichi i moderni, presso i

(1) Polibio III, 8, 9; Livio XXI, 32.

(2) Polibio III, 10, 11; Livio XXI, 38; Celio Antipatro ivi citato; Plinio III, 17, 21, Cornelio Nepote, Hannibal 3.

quali non era cessata la maraviglia del fatto, disputarono lungamente fino all'età nostra, e condussero il capitano famoso pel Monteviso, pel Monginevra, pel Moncenisio, pel piccolo e pel gran San-Bernardo, e per tutti i passi delle Alpi (1). Fra tante opinioni il racconto di Polibio, che pare convenire col passo del piccolo San-Bernardo nelle Alpi Greche, merita fede maggiore di ogni altro perchè egli visitò i luoghi con

(1) Sarebbe lungo ed inutile parlare di tutti gli scritti che produsse la disputa. Ne citeremo solamente alcuni dei principali:

Dietro a Plinio, il Cluverio (Italia antiqua I, 33) fu pel gran San-Bernardo; così il Gibbon, il Fergusson e Whitaker che scrisse sull'argomento due grossi volumi in ottavo Course of Annibal over the Alps ascertained, London 1794.

Pel Monteviso sono fra gli altri Carlo Denina (Tableau historique statistique et moral de la haute Italie pag. 358) e Simon (Histoire de la guerre des Alpes, Amsterdam 1770).

Pel Monginevra stanno Folard, Comment. a Polybe; Fortia d'Urban, Dissertation sur le passage du Rhone et des Alpes ec. Paris 1821; Letronne, Journal des Savants, 1821,

Pel Moncenisio furono Buonaparte, Saussure Voyage dans les Alpes, e Larauza, Histoire critique du passage des Alpes par Annibal, Paris 1826. È un libro molto notevole. L'autore per esaminar bene i luoghi passò quattro volte a piede le Alpi negli anni 1822 e 1823. L'opera è accompagnata da una carta pour servir a l'intelligence des differents systemes sur les passages des Alpes. Nel sistema di lui Annibale traversa il Rodano sopra Valenza, risale l'Isera, passa a Grenoble, entra in Savoia, passa da San-Giovanni di Moriana, da Montmeliano, da Aiguebelle, sale il Cenisio e per Susa discende a Torino.

Pel passaggio delle Alpi Greche fu tra gli antichi Cornelio Nepote, e fra i moderni, primo di ogni altro il generale scozzese Melville che nel 1775 passò il piccolo San-Bernardo con Polibio alla mano. Le note del generale mossero il De Luc a studiar la questione più a fondo, e andato anch'egli sulla faccia dei luoghi pubblicò nel 1818 a Ginevra la sua Histoire du passage des Alpes par Annibal. Secondo lui, Annibale, andato fino a Vienna sulla sinistra del Rodano, traversa il Delfinato, passa le mont du Chat, va a Chambery (Lemincum), a Montmeliano, a Conflans e per la val Tarantasia sale il piccolo San-Bernardo. Questa opinione fu seguita da Wickam e Cramer professori di Oxford (A dissertation on the passage of the Alps London 1820), e da Long (The march of Annibal from the Rhone to the Alps, London 1831 ). Vedi anche Edimburgh Review 1825, e la Biblioteque universelle de Généve 1829 e 1832.

molta cura e cercò notizie del fatto dagli abitatori che avevano veduto il gran capitano passare pei loro monti.

Annibale arrivato al luogo ove l'Isera versa le sue acque nel Rodano pare si volgesse dalla parte di Savoia seguendo l'Isera, e di là facesse la grande salita. Alcuni degli Allobrogi che abitavano quelle contrade gli dettero aiuti di vettovaglie e di vesti e gli furono scorta fino all'entrata delle Alpi. Pei piani aperti non vi furono ostacoli, ma per le strette valli e per le gole dei monti da ogni parte erano insidie e pericoli, e fu mestieri aprire la via colle armi prendendo i loro ripari ai nativi. Nel paese dei Centroni presso a Moustier (1) gli abitatori gli vennero incontro con rami e ghirlande in segno di pace, e poi dagli scogli e dai gioghi soprastanti alla val Tarantasia rotolavano grossi macigni, e piombavano sui passanti ai lati, al tergo e alla fronte menando a rovina gli uomini, i cavalli e le salmerie. Con grandi perdite dopo nove giorni di aspro viaggio l' esercito giunse alla vetta delle Alpi sulla fine d'autunno. Tutto era coperto di ghiaccio e di neve e i soldati, già impavidi a ogni prova, erano spossati dalle dure fatiche, e sembravano disperare di loro fortuna. Annibale li confortò accennando le belle pianure d'Italia e le ricche prede che là gli attendevano e dopo due giorni di riposo riprese la marcia. Non vi erano nemici da combattere, ma la discesa era più difficile della salita: e pericoli maggiori portavano i passi stretti, le balze, i dirupi, i terreni smottati, e i ghiacci ove uomini e bestie sdrucciolando precipitavano o rimanevan imprigionati. In un luogo fu mestieri aprire la via rompendo con lungo lavoro i

(1) De Luc loc. cit.

macigni (1). Finalmente vennero a capo di tutto, e giunsero alla desiderata terra ove speravano ristoro alle lunghe fatiche. Dopo cinque mesi di cammino, dopo corse 1125 miglia (2), dopo aver superati gli ostacoli della natura e degli uomini, l'audace capitano vincitore delle Alpi, per la valle d'Aosta, giungeva in Italia.

Ora era in faccia al nemico con tanta ansia cercato, ma per combattere il nome romano, e liberare, come egli diceva, la terra dalla sua servitù (3), non gli rimanevano se non 20 mila fanti e 6 mila cavalli: il viaggio dai Pirenei alle pianure del Po gli era costato 33 mila uomini. Aveva perduto la metà dell'esercito per guadagnare, come disse Napoleone, il suo campo di battaglia (4).

Sperava che i popoli tutti avessero nel cuore l'odio che egli sentiva per Roma, che tutti si levas

(1) Livio XXI, 37, dice che ruppero e dissolverono il granito delle Alpi col fuoco e coll'aceto. De Luc (loc. cit. pag. 234) ha confutato bene questo assurdo ripetuto da Appiano, da Giovenale e da Silio Italico, ma taciuto dal giudizioso Polibio.

(2) Polibio pone 2600 stadi da Cartagena all'Ebro, 1600 dall'Ebro ad Emporio ( Ampurius), 1600 da Emporio al Rodano, 1400 di qui alle Alpi, e 1200 per le Alpi.

(3) Polibio III, 16; Livio XXI, 30.

(4) Napoleone portò questo giudizio di Annibale: Et cet Annibal, le plus audacieux de tous, le plus etonnant peut-être, si hardi, si sûr, si large en toutes choses, qui a 26 ans conçoit ce qui est à peine concevable, exécute ce qu'on devait tenir pour impossible: qui renonçant à son pays traverse des peuples ennemis ou inconnus, qu'il faut attaquer et vaincre, escalade les Pyrénées et les Alpes, qu'on croyait insurmontables, et ne descend en Italie qu'en payant de la moitié de son armée la seule acquisition de son champ de bataille, le seul droit de combattre: qui occupe, parcourt et guverne cette même Italie durant seize ans : met plusieurs fois a deux doigts de sa perte la terrible et redoutable Rome, et ne lâche sa proie que quand on met à profit la leçon qu'il a donnée d'aller le combattre chez lui, croirat-on qu'il ne dût sa carrière et tant de grandes actions qu'aux caprices du hasard, et aux faveurs de la fortune? MEMORIAL DE SAINTE-HELÉNE 14 novembre 1816.

sero al suo apparire, e che le armi italiane facessero per lui la conquista d'Italia. Ma in ciò s'ingannava: i Galli stessi, ad eccezione degli Insubri, dapprima rimasero quieti, perchè temevano Roma, e aspettavano per vedere da qual parte stesse la vittoria. Per tirare a sè i Taurini gli fu bisogno la forza: ed egli la usò, e ne menò grande strage per metter terrore negli altri.

Intanto con grande stupore sentì dell' appressare di Scipione, come questi sbarcato a Pisa, e traversati quanto più presto potè gli Appennini e il Po a Piacenza, maravigliava che l'invasore fosse già proceduto tanto oltre le Alpi. S' incontrarono sul Ticino presso a Pavia cupidi ambedue di venire alle mani. Annibale messe davanti agli occhi de' suoi la morte e la schiavitù e le ricche prede d'Italia e di Roma. Scipione disse non trattarsi qui di ingrandire l'impero, ma di salvare la patria da un nemico tante volte battuto. Fu scontro di cavalli che erano alla fronte, non decisiva battaglia come avrebbe voluto il Cartaginese. I cavalli numidi invilupparono i cavalli nemici: morti assai da ambe le parti: ma i Romani inferiori in cavalli furono ributtati, e Scipione gravemente ferito ripassò il Po, e ritirossi dapprima a Piacenza, poi in forte sito sulle alture dietro alla Trebbia, perduta la retroguardia e buona parte degli ausiliari rivoltati e passati al nemico (1). Dopo questo fatto i Galli tirati dalla fortuna di Annibale correvano a ingrossargli l'esercito recando armi e vettovaglie. Lo stesso governatore romano di Clastidio (Casteggio) tradiva al nemico la città e i magazzini pieni di viveri.

(1) Polibio III, 13, 14.

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