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quale, continuando prosperamente l'impresa, vinse altri popoli e, per dare alla potenza cartaginese un capo che sorvegliasse l'interno e le coste, elevò sui ridenti liḍi volti a mezzogiorno e a levante la città di Cartagena che, posta in sito felice dirimpetto alle coste di Affrica, divenne presto una grande città e col suo grandissimo porto, colle sue formidabili fortificazioni e coi suoi grandi arsenali fu un potente centro commerciale, marittimo e militare (1). Asdrubale unendo l'arte alla forza si conciliò l'affetto dei popoli e in breve recò a sè tutte le contrade fino alle rive dell' Ebro. Di questi progressi furono spaventate le città greche di Emporia, di Roda e Sagunto, e ricorsero a Roma la quale, anche per conto proprio vedendo di mal occhio tanto ingrandimento, intervenne nelle faccende di Spagna e vietò al vincitore di procedere più avanti, Roma 527. facendo un trattato che impedi ai Cartaginesi di estenAv. G. C. dersi al settentrione oltre le rive dell' Ebro, e impose loro di rispettare al mezzogiorno del medesimo fiume la libertà di Sagunto città di origine greco-italiana (2). Quando Asdrubale morì, assassinato da un servo, l'esercito cartaginese elesse a suo capo Annibale, il gran figlio di Amilcare, il quale, passato da giovinetto in Ispagna ed educato ivi nei campi sotto la disciplina paterna, era divenuto un uomo più singolare che raro. Nulla era difficile a lui. Il corpo e l'animo suo non si stancava mai per fatica: era il primo tra i fanti e tra i cavalieri: primo agli assalti e ai pericoli, ultimo sempre alle ritirate. A tutte le cose più disparate era buono; comandare e obbedire, farsi amare dai capi

Anni di

227.

(1) V. Rosseeuw St. Hilaire, Histoire d'Espagne chap. 3.

(2) Polibio III, 5; Livio XXI, 2, 7; Appiano De Reb. Hisp. 5, ec.

tani e soldati, consigliare le imprese e recarle ad effetto. Sapeva tutte le arti, tutti gli strattagemmi, tutti i modi di vincere sia colla forza sia cogl' inganni: era un uomo senza pietà, senza fede (1), un terribile strumento di guerra.

A lui giovinetto il padre avea fatto giurare sugli altari odio eterno ai Romani, ed ora egli di gran cuore si apparecchiava a mostrare gli effetti del suo giuramento volgendo ai danni di Roma tutto l'impeto della sua età di 26 anni, tutto il suo genio di guerra, e tutto il suo amor di vendetta armato di terribili forze.

Agitava il grande pensiero paterno di sollevare a guerra l'Italia: ma prima di ciò era mestieri di recare in poter suo tutta la Spagna: e in questo intento si volse alle regioni del centro e vinse i popoli non ancora soggetti. Poscia mosse le armi contro Sagunto alleata di Roma, per non lasciare alle legioni di essa una porta aperta nell'interno di Spagna. Era una città opulentissima e colla speranza di grande preda allettava i soldati. I trattati si opponevano a guerra siffatta, ma Annibale sapeva quanta fosse stata in tali faccende la fede di Roma, e nel suo animo punico non poteva esservi ostacolo alcuno ad un fatto che gli dava modo a cominciare la vendetta che più stavagli a cuore. Andò contro Sagunto con un' oste di 150 mila uomini (2),

(1) Livio XXI, 4; Silio Italico I, 56, così lo dipinge:

Ingenio motus avidus fideique sinister

Is fuit: exsuperans astu: sed devius aequi.
Armato nullus Divum pudor: improba virtus
El pacis despectus honos: penitusque medullis
Sanguinis humani flagrat sitis: his super, aevi
Flore virens, avet Aegates abolere, parentum
Dedecus, ac Siculo demergere foedera ponto.

(2) Livio XXI, 7.

e la città per otto mesi fu fortemente assediata e battuta. Dopo aver fatto mura dei loro petti, e dopo le grandi prove di una resistenza rimasta famosa, i cittadini scampati dal ferro nemico si seppellirono colle donne e i figliuoli nelle rovine della patria, celebrati con religiosa pietà dalla poesia e dalla storia (1).

Le rovine di Sagunto rimanevano per gli abitatori di Spagna un tristo monumento (2) di quanto fosse da contare sull'alleanza romana, e in Italia stessa un detto passato in proverbio accusava la romana lentezza (3). Roma avea mandato ambasciatori a soccorrere colle proteste gli amici, come se con Annibale le proteste bastassero. Ei non volle neppure accogliere i messi. Allora andarono ambascerie a chiedere riparazione a Cartagine, e poichè dopo vario discutere fra le parti contrarie, la riparazione non davasi, Fabio uno degli ambasciatori fatto un seno del manto, disse: e pace e guerra in questo sen v'apporto: ciò che più vi aggrada scegliete. Il senato cartaginese rispose che desse ciò che voleva ed ei spiegato e scosso il seno del manto disse che dava la guerra. E la guerra fu Av. G. C. concordemente accettata (4).

An. di

Roma 536.

218.

Annibale intanto era inteso a fare i preparativi per marciare contro Roma. Statuì di lasciare al governo di Spagna il suo fratello Asdrubale con 55 navi

(1) Livio XXI, 14: Appiano De Reb. Hisp. 12. Silio Italico consacrò questi nobili versi ai mani dell' eroica città:

At vos, sidereae, quas nulla aequaverit aetas,
Ile decus terrarum, animae, venerabile vulgus,
Elysium et castas sedes decorate piorum.

(2) Fidei erga Romanos magnum quidem, sed triste monumentum. Floro II, 6.

(3) Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur.
(4) Polibio III, 7; Livio XXI, 18.

che guardassero le marine, e con 15 mila Affricani che gli rispondessero della fedeltà del paese. A Cartagine crebbe il numero de' suoi partigiani con una parte delle spoglie prese a Sagunto, e mandò colà 15 mila Spagnuoli perchè alla sua fazione fossero di aiuto, e al tempo stesso proteggessero l' Affrica contro un'invasione romana. Inviò ambascerie ai Galli dei due lati delle Alpi per averne aiuti all'impresa e notizie sulla natura dei luoghi e sugli umori degli uomini. A Gade fece sacrifizi nel tempio di Ercole Tirio e rinnuovò i voti antichi. L'audace pensiero gli agitava giorno e notte la mente nelle visioni notturne gli Dei gli comandavano solennemente d' invader l'Italia, e gli promettevano sicura vittoria (1). Onde alla primavera mosse da Cartagena con 90 mila uomini (2) alla volta d'Italia per la via di terra, non lo spaventando i pericoli del lungo cammino per paesi nemici ed ignoti, nè le difficoltà dei passi pei Pirenei e per le Alpi. I soldati lo amavano e lo seguivano con grande entusiasmo. Passò l'Ebro, sottomise al piè dei monti i popoli amici di Roma, e, lasciato ivi Annone con undici mila uomini a guardia dei passi delle Gallie, e rimandati gli Spagnuoli che non volevan seguirlo, salì i Pirenei ed entrò in Gallia con 50 mila fanti e nove mila cavalli (3). Parte dei Galli si fece amici coll' oro, parte colle parole, parte superò colla forza, e si aprì facile via per le loro contrade (4).

Roma intanto ricevendo da ambasciatori di Mar

(1) Livio XXI, 21, 22; Cicerone De Divinat. I, 24.

(2) Così Livio. Appiano dice che aveva 90 mila pedoni, 12 mila cavalli e 37 elefanti.

(3) Polibio III, 8.

(4) Appiano De Bell. Annib. 5.

Storia antica d'Italia, Vol. II.

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silia la notizia del passaggio dell' Ebro, e non pensando che il nemico avesse l'animo a superare gli ardui monti, fondò il nerbo della difesa in ispedizioni lontane mandando il console Sempronio con 160 navi in Sicilia a minaccia dell' Affrica, e destinando il console Cornelio Scipione con 60 navi, con due legioni e 15 mila alleati a pigliar di fronte il nemico in Ispagna. Ma questi non potè partir subito, perchè una parte delle leve fatte per lui fu bisogno mandarla nella Cisalpina ove i Galli eccitati dalle nuove speranze si levarono in armi contro i coloni di Piacenza e Cremona. Poscia, quando ebbe in pronto le forze necessarie all'impresa, Scipione mosse lungo le coste Liguri alla volta di Spagna. Ma appena arrivato a Marsilia sentendo che il nemico venutogli incontro, si era internato già nella Gallia, volse i pensieri ad arrestarlo al passo del Rodano. Ma neppur ciò vennegli fatto. Annibale per Illiberi, Narbona, Biterre (Beziers) e Nemauso (Nimes) giunse al Rodano e lo varcò sopra travate e zattere al di sopra di Avignone presso ad Arausio (Orange), quantunque i Volci Arecomici raccolti sulla riva sinistra facesser contrasto. Scipione non potè mettergli ostacolo perchè dapprima dovette riposare i soldati stanchi dal travaglio del mare, e poi perchè non aveva notizie certe de' suoi movimenti. Il nemico fu scoperto solamente quando Annibale giunto sull'altra riva del Rodano mandò 500 cavalli numidi a scorrere pei luoghi d' attorno. Questi furono scontrati e battuti da una banda di scorridori romani, i quali, scoperto dove erano a campo i Cartaginesi, corsero subito a darne avviso a Scipione. Egli allora mise in moto tutto l'esercito per raggiungere il nemico e venire a battaglia campale. Ma essendosi Annibale avanzato rapi

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