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Ma quantunque si moltiplicassero i templi, l'antica religione congiunta sì strettamente a tutte le pubbliche e private faccende andavasi indebolendo e mutando e solo qualche inusitata sciagura e qualche grande terrore poteva riaccendere un momento la vecchia fede e rinnovarne tutte le pratiche. Molte delle antiche credenze cadevano coi misteri della vecchia costituzione patrizia. Gli augurii aperti anche al profano plebeo doveano perdere alquanto del loro prestigio e già alcuni fra gli stessi patrizi aveano mostrato di prenderli in beffa. Claudio gettò con dispregio i sacri polli nel mare di Sicilia: Giunio non fece conto alcuno degli auspicii: Papirio Cursore espose ai colpi nemici l'augure resistente a sue voglie (1); Fabio Cuntatore dirà, essendo augure, che tutto ciò che torna bene alla Repubblica è fatto con ottimi auspicii, e tutto ciò che torna ad essa contrario è fatto con auspicii nefasti (2): e Ennio andrà più avanti scrivendo che gli Dei non si curano delle faccende umane (3). Le antiche pratiche si usavano da alcuni per forma, da altri ippocritamente per proprio interesse. Insomma rimaneva la lettera e moriva lo spirito, quantunque non mancassero esempi di uomini che mostravano di credere ancora. Metello si lanciò a pericolo della vita in mezzo all'incendio del tempio di Vesta per salvare il Sacro Palladio, e per questo atto di pietà in cui perdè la vista, gli fu concesso lo straordinario onore di esser portato in carro al senato (4). I credenti dissero che Appio Claudio censore divenne cieco per

(1) Valerio Massimo VII, 2, 5.

(2) Cicer. De senect. 4.

(3) Cicer. De Divinat. II, 50.

(4) Plinio VII, 139; Valerio Massimo I, 4, 4.

aver fatto oltraggio alla religione dando alla gente Potizia il permesso di affidare agli schiavi il culto di Ercole all' ara massima (1). Ma checchè si dicessero i credenti nel vecchio, il vento spirava a novità, e la gente si volgeva ad altri Dei, lasciando le patrie ceremonie e pregando e sacrificando in privato e in pubblico secondo i riti stranieri. Invano i censori e gli altri magistrati si oppongono alle idee forestiere. La resistenza non vale, e poco dopo il senato stesso che avea proibito a Lutazio di consultare le sorti prenestine (2), decreterà che si sacrifichi ad Apollo secondo la greca maniera (3). L'influsso delle credenze greche cominciato ab antico, come altrove notammo, ora si fa sentire più forte e modifica notabilmente e trasforma le vecchie credenze italiane. Frequenti erano state le relazioni con Delfo per chiedere agli Dei Ellenici aiuto contro i pubblici mali: e alla fine delle guerre sannitiche un'ambasciata andò ad Epidauro per implorare Esculapio che venne a Roma e vi ebbe tempio e riti alla greca (4). Più tardi un'altra ambasceria andava nell' Asia Minore a cercare la gran Madre Idea che più che mai alterava la religione romana e col suo strano culto corrompeva i buoni costumi (5).

Questi, come già abbiamo detto, sono i tempi eroici della romana virtù i tempi dei Decii, dei Curii, dei Fabrizi, dei Regoli pei quali sono religione la povertà, la forte virtù, l'austero costume, la de

(1) Livio IX, 29.

(2) Auspiciis enim patriis Rempublicam administrari oportere judicabant. Valerio Massimo I, 3, 1.

(3) Livio XXV, 1, 12.

(4) Livio X, 47, Epitome XI; Ovidio Fast. I, 289 ec. Valerio Massimo I, 8. 2; Festo v. Peregrina sacra.

(5) Livio XXIX, 10, 11, 14. Ovidio Fast. IV, 179 ec.

vozione alla patria. I grandi cittadini mangiano poveramente, vestono grossolano, ed hanno tanta grandezza di animo che si tengono da più dei re, e non si lasciano sbigottire nè spaventare da cosa alcuna. Non hanno oro nè argento: pochi servi, pochi jugeri di terra, povere di dote le figlie: e le loro case sono piene solamente di gloria. Pirro per vincere la romana virtù l'assalì con tutto il fasto delle regie ricchezze, ma è detto che le porte di tutti rimasero chiuse davanti al tentatore, ed ei fu respinto più dai costumi pubblici che dalle armi (1).

È celebrata altamente anche la virtù delle donne, e grandi lodi si danno alla verecondia e al matronale decoro. Il severo costume teneva come segno d'intemperanza il maritarsi più volte, e la corona della pudicizia ornava le contente ad un solo marito (2). Le famiglie vivevano concordi: erano ubbidienti i figliuoli e quando fra moglie e marito nasceva cagione di contesa, andavano al tempio della Dea Viriplaca, ed ivi dicendo loro ragioni intendevansi e rifacevano pace (3). Narrano che Carvilio fu il primo (520) che desse l'esempio di ripudiare la moglie perchè non gli faceva figliuoli: ma aggiungono che ne fu biasimato, reputandosi allora che neppure il giusto desiderio della prole fosse da mettere innanzi alla santità della fede coniugale (4). Anche altre cose maravigliose si dicono, ma al tempo stesso troviamo altri fatti che stanno con esse in contradizione, e non ci danno troppa ragione di credere alla soverchia virtù di tutte le donne. La

(1) Valerio Massimo IV, 3, 14.

(2) Livio X, 23; Valerio Massimo II, 1, 3.
(3) Valerio Massimo II, 1, 6.

(4) Valerio Massimo II, 1, 4.

pudicizia aveva dalle donne patrizie e plebee onore di sacrifizii in due templi (1): ma ad onta di ciò vediamo tante le ammende sulle matrone condannate di stupro, che bastano a edificare un tempio alla Dea degli amori non casti (2). Ad onta delle tenerezze matrimoniali di cui è parlato, troviamo 170 donne condannate in capitale giudizio per aver dato o preparato veleno ai mariti (3). Vediamo i giuochi florali preparare scene di licenza sconcissima contro la quale si leverà poscia il severo Catone (4). Di più colle nostre idee di morale non possiamo capire che fossero troppo austere le donne, che poco dopo potevano ascoltare senza offesa le commedie di Plauto. Ve ne erano alcune che mostravano sensi di superbia feroce. Claudia sorella di colui che si fece battere a Drepano e perdè quasi trentamila uomini, nell'andare un giorno a diporto incontrando per le vie di Roma troppo grande la folla, desiderò che suo fratello fosse ancor vivo e tornasse a comandare gli eserciti per fare uccidere. nuova gente, e dare a lei agio di passeggiare a suo comodo (5).

I censori vegliavano severi a mantenere i costumi e la frugalità antica e Fabrizio cacciò dal senato Cornelio Rufino perchè aveva dieci libbre di vasellame d'argento, che reputavasi soverchio lusso (6). Ma anche a cose più gravi trascorse questo Rufino collega a Curio nel consolato: egli volse a suo profitto le spo

(1) Livio X, 23.

(2) Livio X, 31.

(3) Livio VIII, 18; Valerio Massimo II, 5, 3.

(4) Ovidio Fast. IV, 946; V, 183; Valerio Massimo II, 10, 8; Gel

lio IX, 12.

(5) Svetonio, Tib. 2.

(6) Valerio Massimo II, 9, 4.

glie prese nel Sannio, ed ebbe fama per rapacità e corruzione (1). Sappiamo di Lucio Postumio che trapassò tutte le leggi e i modi civili occupando duemila. soldati come se fosser suoi schiavi a coltivare le terre prese nel Sannio, e resistendo arrogantemente agli ordini del senato. Pei quali oltraggi le tribù unanimi lo condannarono a 500 mila assi di ammenda (2). Frequenti si vedono le trasgressioni alle leggi e le ammende poste perciò dagli Edili erano sì numerose che bastarono a eriger più templi, a ornare il Campidoglio di oro e di bronzo, a porre il gruppo della lupa e dei gemelli nel fôro, e a fare il magnifico lastricato della via Appia fino a Boville (3).

In generale si vede che la integrità e la frugalità non erano proprie di tutti. La lode stessa data così solennemente alla severità e alla temperanza di alcuni individui mostra che essi avevano costumi diversi da quelli dei più. La virtù di Fabrizio e di Curio splendeva più chiara perchè essi resisterono alle tentazioni cui gli altri cedevano.

Già avevano brillato agli occhi di tutti l'oro e il lusso di Etruria e di Taranto: dopo le conquiste si erano fatte distribuzioni frequenti di terre e moneta (4). Le quali eccitavano in altri cupidigie novelle, e portavano molti cambiamenti alla semplicità della primitiva vita del cittadino romano. Già si vedevano grandezze private e gli Scipioni vincitori dei Lucani e dei Corsi nel quinto secolo si facevano inalzare fuori della

(1) Cicer. De Orat. II, 66; Dione Cassio Fragm. vatic. 41.
(2) Livio X, 37, Epitome XI; Dionisio Fragm. XVI, 15, 17, 18.
(3) Livio X, 13, 23, 31, 47.

(4) Dionisio Fragm. XX in fin.

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