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LIBRO TERZO

ROMA ALLA CONQUISTA D'ITALIA

CAPITOLO I.

Roma risorgente dalle rovine, col senno e valore di Cammillo resiste a tutte le genti d'attorno sollevate contr' essa. Gli usurieri tornano in campo più violenti. Manlio Capitolino piglia la difesa dei poveri. Leggi economiche e politiche di Licinio Stolone, e altri provvedimenti intesi a levar via la miseria del popolo e la ineguaglianza politica. Vittorie sui Galli invadenti di nuovo le campagne romane, sugli Etruschi e sui vicini della riva sinistra del Tevere. Prima guerra nel Sannio. Grande guerra latina vinta alla battaglia del monte Vesuvio. Il Lazio e la Campania vengono in potere di Roma.

I barbari erano partiti, ma avevano lasciato la città nelle rovine, e le opere di più secoli erano cadute sotto le fiamme. I fuggitivi Romani tornando alla patria trovarono una parte delle mura rovinate, le loro case distrutte, e tutto pieno di ceneri e di squallida solitudine. A quello spettacolo doloroso il popolo fu spaventato dal pensiero delle lunghe fatiche che bisognerebbe durare per rifarsi un asilo. E quindi accolse con lieto animo la proposizione di quelli che dicevano si lasciasse Roma desolata, e si andasse ad abitare Veio città grande, forte e bella di magnifiche case, d'onde si avrebbe maggior comodità a coltivare le terre non ha guari ottenute nel contado all' intorno.

Contrarii a questo disegno erano gl'interessi dei patrizii che avevano le loro possessioni sulla riva sinistra del Tevere nell'antico agro romano. Perciò si opposero gagliardamente mostrando di essere governati anche da motivi più nobili. Dicevano essere tristo e codardo pensiero disertare la patria, porre in non cale le sue glorie antiche e la potenza acquistata con tanti sforzi sulle genti vicine, e abbandonare i luoghi fatti sacri dagli auspicii e dai tutelari Dei che al Campidoglio promettevano l'impero del mondo. Dopo lunga contesa la sentenza di rimanere prevalse, e un lieto augurio è detto avere imposto silenzio ai dubitanti. Perocchè alcune squadre, tornando da fare le guardie, il centurione nel passare pel comizio gridò all'alfiere piantasse ivi l'insegna, chè quella sarebbe ottima stanza. La qual parola accolta da tutti come presagio di buona ventura pose fine alle dispute, e fu statuito di rifare la città (1). A quelli che per fuggire le fatiche avevano preso stanza nelle belle case di Veio fu intimato il ritorno con minaccia di severe pene. Obbedirono tutti e si posero con assidua cura all' opera del rifabbricare, aiutandoli a poter suo il governo il quale, per menomare i carichi e le difficoltà, donò i materiali da costruzione. lasciando facoltà ad ognuno di prendere pietre e legnami dove più gli piacesse, purchè le nuove fabbriche fossero compite in un anno. Dapprima fu fatto ciò che più era di urgenza al ricovero dei cittadini. Più tardi si rialzarono i templi e si fece alla città una nuova cerchia di pietre quadrate (2). Non fu assegnato nè luogo nè modo a chi volle fabbricarsi la casa: niun pubblico ufficiale

1) Livio V. in fine.

(2) Livio VI. 4, 5. 32; VII, 20.

sopraintese ai privati lavori. Ognuno ebbe libertà di fabbricare dove e come gli piacque Gli edificii da ogni parte si elevarono rapidamente, e in un anno Roma era risorta: ma nella fretta non badandosi all' armonia delle parti, le nuove costruzioni furono irregolari, le strade riuscirono anguste, e la città rinacque non bella nè comoda (1).

Fra le rovine fu ricercato ciò che non avevano distrutto le fiamme. Si ritrovarono le antiche leggi e si esposero nel fôro sopprimendo quelle che riguardavano le cose di religione per tenere col mistero il popolo più facilmente soggetto all'impero dei sacerdoti (2).

Nell'ultima sventura il numero dei cittadini erasi grandemente diminuito: molti erano periti (3), molti fatti schiavi dei barbari. Per riparare a queste perdite dettero diritto di cittadinanza ai Capenati, Veienti e Falisci che tre anni dopo (368 di Roma) furono riuniti nelle nuove tribù Stellatina, Tromentina, Sabatina e Arniense (4), e dettero a Roma nuova forza contro i nuovi pericoli.

Già gli antichi alleati e tutte le genti vicine, facendo loro pro delle sciagure e della debolezza di essa, se le mostravano da ogni parte nemici. Gli Etruschi insorgevano sulla riva destra del Tevere : mentre dall' altro lato alcune città dei Latini e degli Ernici rompevano gli antichi trattati e secondavano i moti dei Volsci e degli Equi. Come dopo la vittoria di Porsena la Roma antica aveva perduto tutte le sue antiche conquiste, ora la giovine Roma si trovava

1) Livio V, 55; VI, 1, 4; Plutarco Cammillo.

(2) Livio VI, 1

(3) Diodoro XIV, 116.

(4) Livio VI, 4, 5.

Storia antica d'Italia. Vol. II.

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ai medesimi termini dopo l'invasione dei barbari. La vittoria dei Galli avea scosso la dominazione romana su tutti i luoghi all' intorno: e ad eccezione dei Sabini tutti i popoli cercavano loro indipendenza colle armi. La gloria massima della repressione di questi moti è data a Cammillo. Egli è uomo unico in ogni fortuna egli primo in pace e in guerra avanti e dopo l'esilio egli per lungo tempo è braccio e consiglio dell'afflitta città: governa tutte le cose, è anima a tutte le imprese, dà ai soldati armi più forti, e dovunque va porta buona fortuna, perocchè il suo nome solo mette lo spavento nel cuore ai nemici (1).

Sentendo che l'Etruria raccolta nel tempio di Voltunna fremeva guerra contro Roma, e che a quel fremito rispondevano gli Equi e i Volsci (2), Cammillo fece grandi apparecchi, armò giovani e vecchi, e oppose ai nemici tre eserciti. Andò dapprima contro i Volsci, disertò i loro campi, li vinse col ferro e col fuoco a Lanuvio, oppresse a Bola le bande degli Equi, e poi corse contro gli Etruschi, li vinse due volte a Sutri, e tornò a Roma in trionfo con molti Etruschi davanti al suo carro. Poco dopo fu presa Nepele: si combattè dalla parte di Tarquinia, e Cortuosa e Contenebra, due luoghi su quel territorio, furono presi e disfatti (3).

In appresso (369) ritroviamo Cammillo sulle terre dei Volsci e nelle vicinanze di Satrico ove era grande adunata di Anziati, di Ernici e di volontarii Latini fece le parti di soldato e di duce, messe in rotta da ogni parte i nemici, e i Volsci rinchiusi in città costrinse ad

(1. Livio VI, 6, 8

(2) Livio VI, 2.

3) Livio VI, 2-9. Plutarco, Cammillo.

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