Abbildungen der Seite
PDF
EPUB

mantello ora sull' una ora sull'altra spalla, in mancanza delle quali si servivano d'una caviglia, od una spina (1). Di tali caviglie, o fermagli fatti di corno di cervo se ne raccolsero parecchie.

romane

Sul pavimento d'una casetta si trovarono ammucchiati da ventidue grani di vetro verdognolo grossi quanto una picciola avellana che dovettero servir di collana ad ornamento donnesco. Presso ai grani v'erano anche due medaglie o pendenti di rame convessi da ambedue le parti e voti nell'interno senza verun impronto, ma soltanto punteggiate, e benchè in gran parte corrose, sembrano essere state dorate. Si disotterrò anche un piccolo Priapo di bronzo lungo circa due pollici, ma senza testa. Questa infame deità era bensì l'oggetto della più fervida venerazione delle donne greche e non sappiamo che fosse conosciuta dalle germane. Forse la natural propensione alla cosa significata, e l'esempio delle donne della pianura avrà indotto anche le nostre a divenirne divote. Abbiamo dalla Scrittura che le offerivano sacrifizj perfino le Dame di Gerusalemme, e Maacha la madre di Asa Re di Giuda era la principale sua Sacerdotessa (2). Fra una casetta e l'altra si scavano da per tutto delle ossa, e delle corna di capra, e più ancora di cervo, contrassegno che quelle genti si cibavano di questi animali, e che di questi animali, da gran tempo affatto distrutti, ve n'era gran copia. Disotterraronsi anche due pietre

[ocr errors]

(1) Tegumen omnibus sagum fibula, aut si desit spina consertum. Tac. De Mor. German. c. 17.

(2) Insuper (Asa) et Maacham matrem suam amovit, ne esset princeps in sacris Priapi. Regum 111. cap. 15.

rate dall'occhio osservatore; poichè una cosa per vile che sia, può illustrarne un'altra più interessante secondo quel detto: res accendunt lumina rebus. Si trovano in copia e presso e dentro quelle casette dei vasellami di terra la maggior parte infranti, cioè pentole di varie grandezze, anche di smisurate, come vasi di agrumi, forse per uso di farvi il bucato, tegami, ciotole e bicchieri di creta più fina e più maestrevolmente lavorati al tornio. Pare che ignorassero la inverniciatura, di cui non si ha scoperto vestigio. E verisimile che ogni famiglia si lavorasse, come gli Ottentotti ed altri selvaggi, gli ordigni e gli utensili più necessarj Si trovò infatti indizio di una fucina da fabbro. Sono poi frequentissime certe mezze pallottole di terra cotta di figura conica che rassembranó grossi bottoni traforati, i quali probabilmente servirono a conficarvi le tede, o fiaccole di pino selvatico che dovevano adoperare invece di candele, e lucerne per far lume, come usavano ne' primitivi tempi, e costumano ancora i popoli più settentrionali condannati nell'inverno ad una notte lunghissima.

Vi si raccolsero inoltre pezzi di spade, spuntoni, martelli e scalpelli, e un curioso succhiello formato di due grossi fili di ferro attortigliati, e una quantità d'arpioncini che probabilmente avran servito a connettere le tavole invece di chiodi, giacchè di questi non se ne ha mai trovato indizio . Più due pezzetti di piombo grezzo, uno di ventidue, l'altro di quattordici libbre circa, disotterrati lunghesso il muro esterno d'una casetta dove pare che fossero stati seppelliti per occultarli. Più ancora varie fibule di rame maestrevolmente lavorate che gli antichi adoperavano per annodare il sajo, o il

mantello ora sull' una ora sull'altra spalla, in mancanza delle quali si servivano d'una caviglia, od una spina (1). Di tali caviglie, o fermagli fatti di corno di cervo se ne raccolsero parecchie.

Sul pavimento d'una casetta si trovarono ammucchiati da ventidue grani di vetro verdognolo grossi quanto una picciola avellana che dovettero servir di collana ad ornamento donnesco. Presso ai grani v'erano anche due medaglie o pendenti di rame convessi da ambedue le parti e voti nell'interno senza verun impronto, ma soltanto punteggiate, e benchè in gran parte corrose, sembrano essere state dorate. Si disotterrò anche un piccolo Priapo di bronzo lungo circa due pollici, ma senza testa. Questa infame deità era bensì l'oggetto della più fervida venerazione delle donne greche e ma non sappiamo che fosse conosciuta dalle germane. Forse la natural propensione alla cosa significata, e l'esempio delle donne della pianura avrà indotto anche le nostre a divenirne divote. Abbiamo dalla Scrittura che le offerivano sacrifizj perfino le Dame di Gerusalemme, e Maacha la madre di Asa Re di Giuda era la principale sua Sacerdotessa (2). Fra una casetta e l'altra si scavano da per tutto delle ossa, e delle corna di capra, e più ancora di cervo, contrassegno che quelle genti si cibavano di questi animali, e che di questi animali, da gran tempo affatto distrutti, ve n'era gran copia. Disotterraronsi anche due pietre

romane,

[ocr errors]

(1) Tegumen omnibus sagum fibula, aut si desit spina consertum. Tac. De Mor. German. c. 17.

(2) Insuper (Asa) et Maacham matrem suam amovit, ne esset princeps in sacris Priapi. Regum 111. cap. 15.

ovali di granitello ciascheduna con due manichi levigate da una parte di modo, che si combaciano perfettamente. Si crede che abbiano servito di macina da mano. L'uso di ridurre in farina le biade schiacciandole fra due pietre girate a mano è de' tempi primitivi, al quale fu sostituito quello de' molini da acqua e da vento. Questo dura ancora fra i rozzi popoli dell' Africa. La pietra superiore è grossa più d'un piede e lunga uno e mezzo; la inferiore è alquanto più larga e più lunga, ma la sua grossezza non è più che un' oncia e mezzo. Nel suo rovescio vedesi intagliata questa cifra simile all' omega de' Greci, ma tagliata a mezzo da una linea. Si suppone che fosse il marchio della famiglia, cui apparteneva essa macina. Costumano tuttavia i nostri popoli di marcare col proprio segno i loro utensilj, ed ordigni, non che i legnami che tagliano ne' boschi per distinguerli da quelli degli altri (1).

La scoperta più interessante si è per avventura quella di due monete, l'una d'argento puro, l' altra coll' anima di bronzo. Ambedue sono concavoconvesse. Rappresentano nel diritto la testa di una donna, nel rovescio un leone ambulante; ma sono diverse di conio, come vedesi dai loro tipi. Ho consultato intorno a queste gli antiquarj delle città d'Italia, di Germania, e fino di Svezia. I celebri signori Abbate Eckhel, e il Canonico Nauman di Vienna, non che il coltissimo signor Girolamo Barettoni di Schio, furono i soli, che le ravvisa

(1) Quella cifra chiamasi nella nostra lingua vernacola noa, il ferro per intagliarla non aisen .

e

rono per monete di Marsiglia, o piuttosto di alcuna città della Gallia Narbonese, la quale abbia voluto imitare il conio della città di Marsiglia. Le nostre non hanno il MA33A, O MA33AAIHT2N come ordinariamente portano nel loro contorno le Marsigliesi. Inoltre Marsiglia nella massima sua decadenza non era mai giunta a tanta rozzezza da formar conj così malfatti. Non basta l'astrolabio per distinguere che nella prima siavi effigiato un leone; ma fa d'uopo una gran pratica, e aver veduto le tavole 44. 45. del Tom. IV. del Magnari dove se ne riportano molte, e col leone più o meno informe. Questo che nella seconda è alquanto corroso è stato supplito con troppa eleganza dall' incisore. Il sopralodato signor Berettoni ne possiede da dieci a dodici di conj consimili, che furono trovate alcune su questi monti, ma molte più ne' contorni di essi. Gli antiquarj di Vienna suppongono che la testa di donna rappresenti Venere, o Diana. E perchè non piuttosto Minerva Dea protettrice d' Atene, giacchè sappiamo che Marsiglia non che le altre città di quel littorale, sono state fondate dai Focesi ch' erano una colonia d'Ateniesi 599. anni prima dell' era cristiana? Avanzeremo a suo luogo le nostre congetture sopra il tempo e i popoli che portarono queste monete dalla Gallia Narbonese alle nostre parti.

Non meno interessanti sono due sepolture scoperte sul Bostel. La prima accennata di sopra, esisteva verso il colmo di quell' eminenza, ed io stesso ho veduto scavarla essendo fanciullo di sette in otto anni, e non ostante la memoria me ne ha conservato vive le specie. L'altra che si scavò ultimamente era situata presso che sull'orlo delle ru

« ZurückWeiter »