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gitto debitore di que' rapidi progressi, che fece nella virtù, e perciò poteva con ragione gloriarsi d'essere l'institutore dell'umanità.

La Giunta di Censimento amò meglio di prevenire il male innanzi che segua, per la massima che: satius est jura sarta tecta servare, quam post vulneratam causam remedium quaerere. Non attese la morte del cancelliere secondo l'uso degli Egiziani, e non obbligò dopo di essa i suoi congiunti, i suoi amici, gli estranei e forse gli suoi stessi nemici a rendere ragione del suo operato, ma istitui sindicatori che scandagliassero la condotta di lui, ed il cancelliere potesse difendersi contro le mal fondate accuse. Più savio noi riteniamo un tal divisamento, perchè se è vero che gli uomini in generale odiano la virtù, allorchè parla, tuttochè eloquentemente, ai loro occhi, non è men vero, che dopo il di lei rapimento, sentono per essa un tale entusiasmo, che impedisce loro di vedere quelle macchie, che la oscurano, siccome avviene di tutte le cose che si veggono da lontano. Il sole agli occhi nudi dell' uomo appare un disco tutto lucente, ma armatosi di telescopio vi scopre assai macchie. Virtutem incolumen odimus,sublatum ex oculis quaerimus invidi, cantò il poeta Venusino. La Giunta di Censimento mentre seppe prevenire nel cancelliere ogni abuso di potere, assoggettandolo a rigoroso sindacato, lo pose contemporaneamente nello stato di premunirsi contro i dardi della satira e della maldicenza.

In fine d'ogni anno doveva il cancelliere stare a sindacato, per lo spazio di giorni quindici, davanti ai sindicatori della delegazione, cioè i sindicatori una volta all'anno, nei giorni destinati e pubblicati per il sindacato dei cancellieri, avevano facoltà di ricevere tutti i ricorsi che contro la condotta del medesimo fossero loro presentati, cui dovevano accompagnare al regio tribunale di Milano colla loro informazione. I giorni poi del sindacato venivano destinati dal regio tribunale, ed era obbligo del cancelliere di notificarli, almeno due settimane avanti, ai sindicatori ed ai deputati di ciascuna comunità, ed il far constare ai sindicatori di aver fatta tale notificazione, e pervenuta al tribunale la relazione del suo sindacato, doveva essere sollecito il cancelliere di riporta re l'assolutoria, senza la quale non poteva nell' avvenire percepire i soldi del suo ufficio, nè domandare la conferma del medesimo al R. tribunale, dal quale dipendeva di accordarla, o di non accordarla a misura dell' idoneità e probità che aveva dimostrato nel suo servizio, conferma, che dovevasi fare in fine d'ogni triennio, ma che in qualunque tempo, quando avesse avuto qualche demerito, poteva essere dal tribunale medesimo sospeso o rimosso dal suo impiego.

Sono inutili, dice Platone, le leggi senza i magistrati, leges absque magistratu inutiles. E ner cessaria la viva autorità dei commissarj distrettuali, onde spiegare le leggi ai cittadini, e vendi

carle, quando vengono violate, ma si sovvengano, che nell'esercizio delle loro importanti funzioni, deggiono aver presenti tre cose; la prima, che comandano a' uomini; la seconda che devono comandare a tenore delle leggi; la terza che non comanderanno sempre: Agathon dicere solebat, magistratum trium debere meminisse, primum quod imperet hominibus; deinde, quod secundum leges; tertio, quod non semper imperet.

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FINE DELLA PARTE TERZA

PARTE QUARTA

DELLA FORMAZIONE ED AMMINISTRAZIONE DELLE IMPOSTE UNIVERSALI PROVINCIALI E COMUNALI, DELLA LORO ESAZIONE E DEI BILANCI PREVENTIVI E CONSUNTIVI DELLE COMUNITÀ.

CAPITOLO PRIMO

Formazione ed amministrazione
dell' imposta universale

In regnis et republicis bene constitut.'s debet
esse certum, et Ordinum sententia constitu-
tum tributum, non autem arbitrarium, quod
ab unaquaque illius regni provincia rex,
vel republica exigat, ut lubentius solvatur,
sitque certior redituum publicorum ratio.
HERODOT,

Eccoci pervenuti a quella parte del nostro

istituto, a cui erano dirette le nostre sollecitudini, voglio dire alla formazione dell'imposta ed al di lei impiego per la pubblica amministrazione. Questá parte tanto gravosa al proprietario egoista, non appare meno utile e necessaria al filosofo, che ravvisa nella società un corpo politico, che non può sussistere senza consumazioni, le quali nel linguaggio economico diconsi spese dello Stato.

Se taluno si rifiutasse al pagamento delle imposte, siccome inutili al mantenimento dell'ordine sociale, io gli direi brevemente: se vuoi che la società si astenga da ogni specie di consumazione, è forza che tu pria ne dia l'esempio. Fa questa risoluzione, ed io vedrò vestire il carattere di verità il racconto di Agrippa, col quale riuscì di richiamare a Roma la plebe indispettita contro le operazioni del Senato. Una volta tutti i membri del corpo umano, così parlò quell'oratore, congiurarono contro il ventre, perchè questo collocato nel mezzo, se ne sta tranquillo e gode il frutto delle loro fatiche. Quindi il capo non volle più piegarsi alla meditazione, le braccia si rifiutavano di alzare pesi, le mani rigettavano la vanga, le gambe ed i piedi divennero immobili; ma infine il ventre perì, e con esso i membri ribelli. Ravvisa in questo racconto, o benevolo lettore, nelle membra i cittadini dello Stato, e nel ventre l'imposta destinata a reggere le loro forze.

di

Tre grandi filosofi, diceva Genovesi, mi sono grave scandalo: Cicerone, che affetta ne'suoi libri la dottrina degli stoici, ed è un ghiotto Epicureo; Seneca, che condanna le ricchezze e si studia di accumularle; Rousseau, che declama contro le scienze, e le apprende con profitto. Allo stesso modo dirò che mi scandalizzano que'eittadini, i quali, mentre implorano sollievo de' carichi, amano, approvano e collaudano quegli avvenimenti, che importano spese sforzose allo Stato. Lo

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